Giorgio Cavallari,
Simona Gazzotti
LE
FORME
Del
MALE
Comprensione
e cura
Giorgio Cavallari è analista del Centro Italiano di Psicologia
Analitica e dell’International Association for Analytical Psychology. Presso
il CIPA è docente nella scuola di specializzazione in psicoterapia. È socio
fondatore e direttore scientifico della Associazione Nazionale di
Ecobiopsicologia, ed è docente presso la scuola di specializzazione in
psicoterapia dell’Istituto ANEB. È inoltre docente presso la Scuola di
Psicoterapia SPP – età evolutiva di Milano. I suoi studi sono stati rivolti
in particolare al tema della identità di genere in relazione alla teoria e
alla prassi della psicologia analitica e della psicoanalisi, al concetto di
Sé in psicoanalisi e in psicologia analitica, al rapporto mente-corpo, alla
psicosomatica ed alla umanizzazione della medicina. Ha pubblicato nel 2001,
L’uomo post-patriarcale: verso una nuova identità maschile; nel 2005,
Dal Sé al soggetto; nel 2013 Creatività, l’uomo oltre le crisi;
nel 2017 Metafore del Sé, con G. Kaufman e N. Doveri. Ha pubblicato,
inoltre, La psicosomatica, il significato e il senso della malattia,
con D. Frigoli e D. Ottolenghi e La forma, l’immaginario e l’uno, con
D. Frigoli, D. Ottolenghi e E. Tortrici. Ha contribuito inoltre ai volumi
collettanei Intelligenza analogica, oltre il mito della ragione e
Jung Today. Vive e lavora a Milano.
Simona Gazzotti. Psicologa, Psicoterapeuta, Dottore di Ricerca in
Psicologia Sociale, Clinica e Cognitiva, Professore a contratto Dipartimento
di Psicologia – Università degli Studi di Milano-Bicocca, docente Scuola di
Specializzazione in Psicoterapia ANEB, consulente presso il servizio di
Neuropsichiatria Infantile dell’ASST Sette Laghi di Varese, collabora con un
centro anti violenza rivolto alle donne che subiscono maltrattamenti e
abusi.
Ha preso parte a progetti di ricerca e intervento su tematiche relative allo
sviluppo socio-affettivo, all’attaccamento e al trauma.
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INDICE
- Introduzione
- 1. Il viaggio della terapia fra il bene e il male
1.1 I viaggi della cura
1.2 L’“Esodo” di Psyché fra il bene e il male
1.3 Fuggire, attraversare, non arrendersi ma confrontarsi con il male: i
“viaggi” di Ulisse ed Enea
- 2. Le forme del male: la deformità disumanizzante del male
2.1 La “resa”, o l’inerzia etica di fronte al male
2.2 “Si gloriano di avere fatto del male, ed esultano nelle nefandezze”:
il male come piacere sinistro
2.3 Fra indifferenza al male ed esaltazione maligna nel compierlo: la
“deformità” disumanizzante del male
- 3. Nascita ed evoluzione del male nelle relazioni primarie e nel
rapporto di coppia: esiti traumatici e loro “cura” nel lavoro clinico
3.1 Il male che diventa trauma nella “intimità” delle relazioni
familiari e interpersonali, e nel ciclo di vita
3.2 “Osare guardare” l’abuso e il maltrattamento: il riconoscimento di
un male sommerso
3.3 Il male tra maschile e femminile: la violenza di genere
3.4 Comprendere la spirale della violenza: la sindrome del
maltrattamento femminile
3.5 Uno sguardo sui “dialoghi” tra vittima e carnefice: la pragmatica
del male
3.6 La trasmissione intergenerazionale del trauma: una nevrosi del
destino?
3.7 Il mondo interiore del trauma 205
3.8 La cura del male: fattori di protezione e di trasformazione
3.9 Perché un libro non è solo un libro: Erica, storia vera di un
olocausto
- 4. Curare il male: la terapia, il “faccia a faccia”, il processo di
umanizzazione
4.1 La cura e il processo di umanizzazione
4.2 Il ritrovamento della persona come soggetto libero e responsabile
4.3 Il coraggio di un’etica: essere uomini – nonostante tutto – di
fronte al male e al trauma
4.4 Il Sé etico dell’uomo di oggi
- 5. “Agisci, va’, non rimetterti ad altri”
5.1 Riflessioni conclusive ascoltando Tiresia (prima che sia troppo
tardi)
5.2 L’etica del volto contro il nichilismo
5.3 Un’ etica per l’uomo, per il suo corpo, per la sua mente, per
l’ambiente in cui vive
Dietro il male che siamo chiamati a curare, non raramente, c’è qualcosa
che rasenta il confine dell’umanamente tollerabile, per entrare
nell’esperienza della devastazione psicologica, somatica, relazionale: ciò
che abbiamo imparato a chiamare trauma.
A volte i pazienti ci portano un “male” che non appare legato a eventi
traumatici: si tratta di persone per le quali si può parlare invece di
micro-traumi, cioè di situazioni vissute soggettivamente “male”, cioè con
sofferenza, disagio, inibizione. Si tratta di nodi problematici
cronicizzati, nuclei conflittuali incistati riguardanti la vita affettiva e
relazionale, la famiglia, la dimensione lavorativa e sociale.
Vi è poi un tipo di “male” che si palesa non tanto come presenza invalidante
e drammatica di sofferenza, cioè di sintomi psicopatologici e di tratti
fortemente disfunzionali della personalità, ma come assenza di “senso”, di
finalità, di pienezza dell’esperienza esistenziale.
Vi è infine un tipo di “male” che in terapia non combattiamo, in quanto “non
viene per nuocere”. È quella parte di “Ombra” che c’è in tutti noi.
Accettarne l’esistenza sfuggendo alla tentazione di negarlo, di rimuoverlo,
di proiettarlo su chi ci sta intorno è obiettivo di ogni terapia.
La nostra riflessione ci porta a considerare la possibilità di affrontare in
una prospettiva simbolica, e quindi non solo pragmatica, le esperienze della
vita e fra queste quelle dolorose come le malattie, le perdite, le
ingiustizie subite. In senso più ampio l’esperienza del “male” deve essere
affrontata integrandola in un processo di espansione della coscienza.
Senza prospettiva simbolica, la lotta fra il bene e il male, la
intenzionalità protesa al bene, la possibilità di riparare (essenza
dell’azione terapeutica) rischiano di collassare sotto l’impatto troppo
realistico, concreto, materiale del male.
JED/27, pp.
388, f.to 14x21, Euro
25,00,
ISBN 978-88-95601-51-9, I ed. giugno 2020 |