Giuseppe Maffei
I LINGUAGGI
DELLA
PSICHE
Giuseppe Maffei, libero docente in psichiatria. Membro
Aipa e Iaap. Redattore della Rivista di Psicologia Analitica e
direttore della rivista Psicoanalisi e metodo. Autore di numerosi
articoli e pubblicazioni. Per La biblioteca di Vivarium ha pubblicato: Le
metafore fanno avanzare la conoscenza?,ed Elogio dell’insaturo.
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“Centrale nel libro di Maffei è la presa di consapevolezza del linguaggio
psicoanalitico non solo come elemento di rappresentazione, ma anche e in
gran parte come strumento di costituzione e di ordinamento del campo
psichico, e ancora e fondamentalmente come capacità di simbolizzazione
coinvolta nella stratificazione della vita pulsionale e nel vissuto
corporeo. Dal libro di Maffei il lettore può apprendere che non esiste il
linguaggio come un’essenza specifica e unica, ma che esistono
linguaggi, precisamente una varietà pressoché infinita di pratiche e
morfologie espressive che assolvono a funzioni differenti nello scambio
comunicativo. Così, se nel caso di soggetti psiconevrotici l’analista si
trova di fronte al compito di svelare una realtà psichica che è però già
insediata nel paziente, il quale può collaborare al suo disvelamento, nel
caso degli psicotici il terapeuta deve impiegare un linguaggio che, anziché
al disvelamento, è essenzialmente destinato a una vera e propria
costituzione della struttura psichica del paziente psicotico. (...) È,
infatti, proiettando la compagine dei problemi teorici generali sulla scena
viva e drammatica dei casi clinici, della sofferenza psichica che Maffei
raggiunge un campo più difficile ma anche più attendibile e adeguato di
problematizzazione e di interrogazione teorica. (...) L’esercizio
psicoanalitico deve commisurarsi, secondo Maffei, ogni volta alle situazioni
di caso, di rischio e di caducità nella quale è coinvolta la stessa
esistenza umana. Ma proprio prendendo atto realisticamente di queste
limitazioni egli da un lato protegge la teoria psicoanalitica dal pericolo
di cadere in quella che sarebbe la sua calamità, e cioè l’idealizzazione
teorica, quella per effetto della quale la psicoanalisi stessa potrebbe
risultare il proprio delirio paranoide; e dall’altro delinea l’operazione
psicoanalitica come condizione costruttiva di una ricomposizione armonica,
ma certo mai garantita, tra le istanze psichiche dell’uomo e il mondo
precario nel quale egli è gettato. L’attività interpretante dell’analista
deve ritrovare o costituire quelle iscrizioni primarie della carezza
materna, attraverso le quali la madre rende un universo insidioso e precario
non un mondo garantito, e tuttavia un mondo possibile da vivere. L’uomo è
esposto alla scena del mondo circostante come a un gioco di rischio e di
possibilità; non si tratta di un mondo predeterminato e certo, esso è
piuttosto come un oggetto transizionale che è suo e al tempo stesso
non è suo. Non v’è alcuna negatività metafisica apocalittica, e non
c’è d’altronde alcuna garanzia provvidenziale: quello che l’uomo può
esperire non è il possesso della felicità, ma l’esperimento di essa. Ed è
per questo che, a onta di tante pene e tante sofferenze che questo libro di
Maffei ci fa attraversare, l’ultima parola che in esso troviamo è ‘la
felicità’” (dalla Prefazione di Aldo G. Gargni). RIP/6, pp.
386, f.to 14x21, Euro 24,00,
ISBN 978-88-87131-93-2, I ed. dicembre 2007 |