Wolfgang Giegerich
LA
FiNE
DEL SENSO
E LA NASCITA
DELL'UOmo
Sullo stato raggiunto
nella storia della coscienza
Un'analisi del progetto
psicologico di C. G. Jung
Wolfgang Giegerich, psicoanalista junghiano, opera come
libero professionista a Wörthsee (Steinebach) presso Monaco di Baviera. È
autore di numerosi testi, fra cui The Soul’s Logical Life. Towards a
Rigorous Notion of Psychology; Tötungen: Gewalt aus der Seele;
Animus-Psychologie. Il suo saggio “L’insediarsi dell’Anima Occidentale nella
Caverna di Platone” è apparso sulla rivista La Pratica Analitica, n. 10/11,
1995. Con La biblioteca di Vivarium ha già pubblicato, nel 2004, Il concetto
di nevrosi secondo Jung. Dall’esperienza personale alla riflessione.
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“Una delle voci più convincenti che durante il secolo scorso hanno sollevato
il problema del ‘senso della vita’ o, come potremmo anche dire, del senso ‘mitico’,
‘religioso’, o ‘metafisico’, fu quella di C. G. Jung. Le sue riflessioni
riguardo questo tema si muovono fra due polarità. A un’estremità c’è la sua
diagnosi spietata: “No, evidentemente non abbiamo più alcun mito”.
L’altra polarità della sua riflessione (...) viene alla ribalta quando alla
sua diagnosi citata (...) egli reagisce immediatamente con la sorprendente
domanda: ‘Ma allora qual è il tuo mito? Quello in cui vivi?’ Jung non si
accontenta di una diagnosi negativa. È sua opinione che il senso è
indispensabile e che la perdita di senso nell’era moderna è la ragione
fondamentale della nevrosi. (...)
Sia la diagnosi della mancanza di senso sia la necessità disperata di senso
(...) non sono nulla di nuovo. Esse sono già state esperite e affrontate a
fatica in diversi modi per almeno cento anni prima di Jung” (pp. 9-10).
La riflessione di Jung “era la sua versione particolare dell’esperienza
condivisa da tutti i grandi pensatori del diciannovesimo secolo, che hanno
descritto la medesima rottura storica con diversi termini, come:
alienazione, nichilismo, perdita della fede e così via” (p. 87). Ma le
soluzioni proposte si sono dimostrate, nell’impatto con la realtà del
ventesimo secolo, tutte fughe nell’utopia”.
Secondo Giegerich, prendendo spunto dal mito di Crono che divora i propri
figli, solo “inghiottendo, interiorizzando i contenuti della tradizione
precedente dentro di noi come nostro inconscio potremmo far diventare ‘il
tutto ancora una volta vero’, senza doverci rifugiare in un futuro utopico o
cercare di far girare la ruota al contrario” (p. 93). “Pertanto al fine di
fissare la separazione tra interno ed esterno, bisogna insegnare alla
coscienza a essere il proprio Crono-Saturno. La coscienza deve essere sia
Crono (l’esterno che circonda), sia il neonato datogli da Rea e inghiottito
da lui (l’interno che è contenuto). La coscienza ha dovuto dissociarsi da
una parte nella coscienza moderna adulta, (...) e dall’altra parte nel
neonato, l’infante innocente, ignaro prima che diventi consapevole della
propria nascita e prima di essersi contaminato attraverso la riverberazione
della modernità” (pp. 90-91).
SDL/29, pp.
160, f.to 14x21, ill. Euro 15,00,
ISBN 88-87131-73-2, I ed. settembre 2005 |