Giuseppe Maffei
Gli
OCCHI
della
BRUTTEZZA
DISMORFOFOBIA
Senso estetico e percezione
distorta del proprio corpo
Giuseppe Maffei, libero docente in psichiatria. Membro Aipa e
Iaap. Redattore della Rivista di Psicologia Analitica e direttore della
rivista Psicoanalisi e metodo. Autore di numerosi articoli e
pubblicazioni. Per La biblioteca di Vivarium ha pubblicato: Le metafore
fanno avanzare la conoscenza?, Elogio dell’insaturo, I linguaggi della
psiche.
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INDICE
- Introduzione
1. FONDAMENTI
- L’indifferenziazione tra esterno e interno
- Indifferenziazione e risonanze
- L’intreccio delle qualità
- L’indifferenziazione dei cinque sensi
- L’indifferenziazione della colpa
- L’indifferenziazione tra pulsioni di vita e pulsioni di morte
- Differenziazione e distacco
- Differenziazione delle qualità psichiche. La vettorizzazione
- Al di là del doppio. Separazione dagli oggetti di amore
- Trasformazioni
2. CLINICA
- Per iniziare
- La bellezza e la bruttezza oggi
- L’esperienza estetica (un primo intervallo poetico)
- Le varie dismorfofobie
- Nuove teorizzazioni
- Aspetti particolari: a) Lo specchio - b) La bellezza fuggitiva
(un secondo intervallo poetico) - c) La superficie e l’abbigliamento -
d) Immaginario femminile e maschile - Sguardi sulla perversione
- Conclusione
- Bibliografia
“Questo studio si origina nelle difficoltà incontrate nel lavoro con
pazienti diagnosticati come dismorfofobici e le cui psicoterapie analitiche
si trovano spesso in situazioni di impasse. Questi pazienti che a uno
sguardo esterno non appaiono affatto brutti, si percepiscono invece come
tali. E il loro vedersi brutti è per chi li osserva del tutto
incomprensibile. (...)
Va subito detto che spesso i problemi concernenti la bellezza e la bruttezza
vengono vissuti e presentati, da coloro stessi che ne soffrono, come
problemi banali e superficiali. Esiste cioè, abbastanza diffusa, una certa
vergogna (specie nel sesso maschile) a porre questa problematica. Occorre
così non cadere nella trappola del preconcetto di considerare i problemi
estetici come problemi superficiali. Dobbiamo essere profondamente
consapevoli di quanto i problemi relativi alla bellezza e alla bruttezza
possano fare soffrire. (...)
Credo che alcuni lettori di questo saggio troveranno molto da ridire
sull’uso disinvolto di concetti appartenenti a diversi ambiti concettuali.
Alcuni lettori saranno portati a criticare la compresenza di vari linguaggi
teorici. Questa è una critica che può essere radicale, una critica che può
mettere in crisi i fondamenti di quanto sto dicendo. D’altro canto, quando
un clinico si trova di fronte a delle situazioni che non riesce a capire, se
vuole rimanere fedele al metodo clinico, non ha scampo. Non può che cercare
di trovare possibilità di comprensione al di fuori di ciò che ha sempre
saputo e sa. Non può non cercare illuminazioni che gli possano pervenire da
tutto ciò di cui può venire a conoscenza. Un clinico deve sapere
sorprendersi non solo nei rapporti con i pazienti ma anche nei rapporti con
i sistemi teorici di altre scuole. Perché nascano nuove idee e nuovi insight
è necessario anche lasciarsi trasportare in una confusione da cui può essere
difficile uscire. Con i pazienti sofferenti per la loro presunta bruttezza,
il nostro compito di terapeuti (in alcuni casi) è molto difficile. Ma è
troppo presto per averne idee chiare e distinte. È pertanto necessario avere
il coraggio di ammettere di non saperne ancora a sufficienza e continuare a
cercare” (dall’Introduzione dell’autore).
SDL/44, pp.
112, f.to 14x21, Euro 16,00,
ISBN 978-88-95601-17-5, I ed. febbraio 2012 |