Bhikku Abhinando
QUANDO
TUTTO
è DETTO
Prefazione di
Chandra Livia Candiani
Bhikkhu Abhinando è nato ad Amburgo nel 1966. Nel 1994 è diventato
monaco buddhista della tradizione Theravada presso il monastero buddhista di
Chithurst, nell’Inghilterra meridionale. Attualmente vive nel piccolo
monastero di Aruna Ratanagiri, vicino al confine scozzese. Qui ha curato di
recente la pubblicazione di Tomorrow’s Moon, un’antologia inglese di
poeti buddhisti. Alcune delle sue poesie contenute nell’antologia sono state
in precedenza pubblicate in Il movimento segreto delle cose,
un’antologia di poesia monastica buddhista curata da Chandra Livia Candiani.
Quando tutto è detto è il primo libro pubblicato di poesie di Bhikkhu
Abhinando.
Chandra Livia Candiani è nata a Milano nel 1952. Traduce
dall’inglese testi buddhisti. Sue poesie sono in: Antologia della poesia
femminista italiana, Savelli 1978; Poesia degli anni settanta,
Feltrinelli 1979; La pratica del desiderio, Sascia 1986; Sette
poeti del premio Montale, Crocetti 2002. Nel 2001 ha vinto il premio
Montale per l’inedito. Sue pubblicazioni sono: il libro di fiabe Sogni
del fiume, La biblioteca di Vivarium 2001; i libri di poesia: Io con
vestito leggero, Campanotto 2005; La nave di nebbia. Ninnananne per
il mondo, La biblioteca di Vivarium 2005; La porta, La biblioteca
di Vivarium 2006; Bevendo il tè con i morti, Viennepierre 2006.
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"Ajahn Abhinando, il nome monastico dell’autore di queste poesie, è sia
monaco che poeta: due modi di essere totalmente aperti al mondo, totalmente
gettati in esso, di caricarselo sulle spalle, di esservi smarriti, di
servirlo, senza averne l’aria, anzi, apparentemente da una postazione
defilata. Il monaco e il poeta cullano il mondo con tale vigore da
svegliarlo. E sono dei paria, fuori casta, senza ruolo. (...) Ajahn
Abhinando è monaco buddhista della tradizione theravada della foresta
tailandese, un bhikkhu. Bhikkhu è il monaco mendicante che in questa
tradizione dedica tutta la sua vita alla pratica del proprio risveglio e al
servizio del risveglio degli altri. Ma letteralmente, la parola significa
‘una persona molto molto semplice’. (...) Il titolo di questa raccolta di
poesie è ‘Quando tutto è detto’. Che succede quando tutto è detto? Forse si
parla. Forse si sussurra nella notte. Forse succede la poesia. Si scrive.
Forse si smette di scrivere. Ci si butta. Nella scrittura o nella vita fa lo
stesso. (...) Tutta la poesia di Ajahn Abhinando ha a che fare col
testimoniare. La sua scrittura, la sua investigazione, è una sorta di
chirurgia emozionale, il suo è un testimone emozionato, ma con la precisione
di un chirurgo che avanza nella carne dell’anima e incide, osserva, esplora,
diagnostica, attende. 'La vita si sposta come una lente d’ingrandimento /
sopra la ferita' scrive in Piegato nel vento. O in Fuoco fatuo:
'Il muscolo cerebrale simula un crampo / con una linea vuota in espansione'.
Ed è proprio questo linguaggio di anatomia delle emozioni che ci fa
intendere quanto il testimone sia emozionato e come per testimoniare, di sé
e del mondo, non possa che volgere i suoi strumenti verso se stesso, verso
l’anima, dove i confini tra io, tu, corpo, paesaggio, concreto e astratto,
sfumano, in un’impersonalità che ha molto a che fare con lo sguardo
amorevole di chi non separa e accoglie, senza discussioni e senza
definizioni a priori, tutto. (...) Dunque, quello che viene investigato, in
un viaggio interno ed esterno, che è quasi un pellegrinaggio da tanta è la
delicatezza e il rispetto con cui il chirurgo usa il bisturi, ma che ha
anche tutta la determinazione e il sangue freddo che consentono di
raggiungere la ferita e metterla allo scoperto, perché possa infine guarire
da sola, quello che viene investigato è l’anima. E quel che accade nel
percorso è che viene a coincidere con il mondo. Quello che colpisce di
questa poesia, come di tutta la vera poesia, è che non sa prima. Si sente,
si avverte, che il poeta è sorpreso di quello che nel percorso va scoprendo
a se stesso, di quello che da solo si ri-vela, perché, come mi ha insegnato
tanto tempo fa un amico, non si svela mai, si ri-vela sempre. Ecco allora,
nella poesia Incontro, la descrizione fatta tutta dall’interno di un
incontro dove l’altro, noi stessi?, alla fine non ci riconosce, ma dove il
testimone annota minuziosamente ogni millimetro di sensazione e dove questo
ossessivo e precisissimo annotare fa sorgere una visione pressoché surreale,
se non la si legge dall’interno di un corpo emozionato. Sembra quasi la
storia del pittore Zen che per anni e anni non mostra il dipinto a cui sta
lavorando con tutto se stesso e quando alla fine lo scopre, si dirige
tranquillamente verso il quadro, tranquillamente ci entra e tranquillamente
in esso scompare" (dalla Prefazione di Chandra Livia Candiani).
VIS/6, pp.
152, f.to 14x21, Euro 16,00,
ISBN 978-88-87131-92-5, I ed. dicembre 2006 |