a
cura di
Maria
Irmgard Wuehl
NELLA STANZA
DELL' ANALISTA
JUNGHIANO

Stili e metodi di
lavoro analitico a confronto
Maria Irmgard Wuehl, analista junghiana a Milano; socio
del Centro Italiano di Psicologia Analitica (CIPA), membro dell’International
Association for Analytical Psychology (IAAP); svolge da anni la funzione di
docente presso l’Istituto di Milano del CIPA. Oltre a questo volume, per La
biblioteca di Vivarium ha curato Trappole seduttive, Jung fogli d’album
e la pubblicazione e il commento psicologico di due antichi testi alchemici:
Mutus Liber e Atalanta fugiens.
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Non è la descrizione della stanza fisica, che pure è un segno importante
della personalità del singolo analista, l’obiettivo di questo testo. Questo
lavoro a più voci è nato con l’intento di portare all’esterno ciò che un
terapeuta junghiano oggi fa nella sua stanza d’analisi con i suoi metodi, la
sua Stimmung e la sua personalità. L’intento è quello di poter
ridefinire in qualche modo ciò che Jung ha detto della psicoterapia
attraverso la testimonianza diretta di analisti junghiani; far uscire il
lavoro junghiano da quei pregiudizi che spesso lo considerano un approccio
quasi-religioso o solo simbolico, inapplicabile alle vere e reali
psicopatologie dei nostri pazienti.
Secondo lo stesso Jung non esiste una teoria, un metodo particolare, ma è
soprattutto la “personalità del terapeuta il grande fattore curativo della
psicoterapia” (Opere, vol. 16).
E’ in questa prospettiva che Jung ha formulato la richiesta, quando
esercitava il ruolo di presidente dell’Associazione Psicoanalitica
Internazionale negli anni 1910-14, che ogni analista fosse analizzato, dando
così l’avvio all’analisi didattica.
Ogni analista risponderà con la sua equazione personale, i suoi valori, con
la sua struttura psicologica che gli farà scegliere tra le teorie, i metodi
che costituiranno il suo “stile di lavoro” personale.
Nel suo lavoro l’analista dovrà unire allo studio clinico una vasta
conoscenza di altre tecniche e orientamenti psicologici, perché, come dice
Jung: “(...) quanto più si approfondisce la comprensione della psiche, tanto
più ci si convince che la multiformità e la multidimensionalità della natura
umana richiedono la massima varietà di metodi e punti di vista per
rispondere alla varietà delle disposizioni psichiche” (Opere, vol.
11).
Ma che vuol dire oggi essere analisti junghiani?
Forse è aver compreso che la cura della patologia dei nostri pazienti non
consiste solo in un rifornimento parentale mancante, in una correzione del
blocco evolutivo conseguente a carenze legate a un ambiente reale
dell’infanzia: il paziente sperimenta così nella relazione analitica nuovi
modelli relazionali da affiancare a quelli patologici, ma questi rimangono
comunque intrasformabili. La cornice teorica junghiana invece rimanda alla
autorealizzazione dell’inconscio e offre al paziente un modello intra-
psichico in una prospettiva di trasformazione.
Con contributi di:
Rossella Andreoli / Rita Bruschi / Enrichetta Buchli / Ferruccio Cabibbe /
Susanna Chiesa / Silvia Di Lorenzo / Saverio Falcone / Elisabetta Franciosi
/ Marco Garzonio / Vittorio Lingiardi / Romano Màdera / Adriana Mazzarella
/ Robert Mercurio / Anna Panepucci / Alberto Spagnoli / Lorenzo Zipparri
SDL/19, pp. 392 + 12 tav.
col, f.to 14x21, Euro
20,00,
ISBN 88-87131-45-7, I ed. novembre 2002 |