Sudhir
Kakar
INFANZIA
E
MONDO
INTERNO DELL'INDIA

Uno studio psicoanalitico
sull'infanzia e la società in India
Sudhir Kakar, psicoanalista
e scrittore, è attualmente membro senior del Center for Study of World
Religions, Harvard University. I suoi svariati titoli onorifici includono il
Premio Boyer dell’American Anthropological Association e la Medaglia Goethe
in Germania; inoltre è membro onorifico degli Advanced Study Institutes di
Princeton e di Berlino, nonché degli Istituti Bhabha, Nehru e ICSSR.
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“Sudhir Kakar utilizza al meglio la sua duplice
condizione di indiano formatosi in Europa e Stati Uniti per esplorare alcuni
tratti salienti dell’identità psicologica dell’India. Con uno strumentario
concettuale proveniente dalla sua formazione di psicoanalista, egli affronta
questa volta un tema quanto mai delicato e cruciale, quello dell’infanzia.
Esiste un’idea specificamente ‘hindu’ del mondo infantile? In che misura la
relativa tradizione culturale vi prende parte? Come si ripercuote sul modo
di vivere indiano? Con pazienza e grande misura Kakar ricostruisce uno
scenario complesso, composto di luci e ombre, che il lettore occidentale non
potrà né di colpo liquidare né facilmente idealizzare. Proprio grazie
all’ormai proverbiale contributo dello sguardo psicoanalitico ben sappiamo
quanto la qualità delle prime esperienze incidano, condizionino e orientino
l’andatura degli individui che verranno. Gran parte del nostro armamentario
si trova però spiazzato e come sospeso dinnanzi a una civiltà che non solo
dilata a dismisura i margini del periodo infantile ma sembra anche
collocarvi la mèta più elevata e ambita prescritta al corso dell’esistenza.
Se, nell’ipotetico diagramma formato dal polo fusionale e da quello
dell’autonomia, l’occidentale punta dritto verso quest’ultimo – celebrando
così tutte le virtù connesse al ‘processo secondario’ e alle funzioni
dell’Io – la cultura indiana tradizionale privilegia esplicitamente il
primo. Possiamo considerare gli sforzi panindiani per raggiungere 'moksa',
la liberazione, dove l’Io è paragonato allo scheletro di una corda bruciata,
cioè a una silhouette che non serve a ‘tirare’ più nulla, come una semplice
‘regressione’? O 'samadhi' – lo stato psichico culminante nella
reintegrazione di ogni dualismo – come una ‘depersonalizzazione’, un
‘narcisismo primario’ o una ‘simbiosi psicotica’? È lecito giudicare la
predilezione accordata alla ‘verità’ dei processi sottili del tocco, del
ritmo, della vibrazione, della postura, una mera forma di pre-logismo, di
incoscienza? Pur senza nascondere i limiti e le storture del modello indiano
– la discriminazione ai danni delle figlie femmine, la difficoltà di
integrare gli aspetti positivi e negativi del complesso materno, la maggiore
dipendenza da figure di autorità e così via – questo libro ne sottolinea con
nitore la suggestiva particolarità: concepire il vertice massimo
dell’autonomia conseguibile da un individuo laddove è più spessa la sua
indistinguibilità dall’altro. 'Siva', l’archi-asceta solitario,
abbracciato indissolubilmente a 'Sakti', la madre dell’universo. Un
paradosso su cui vale la pena riflettere” (dalla Prefazione all’edizione
italiana di Paulo Barone e Vincenzo Caretti).
VDO/2, pp.
392, f.to 14x21, Euro
25,00,
ISBN 978-88-87131-86-4, I ed. maggio 2007 |